DAD, BILANCIO DI UN QUADRIMESTRE
L’emergenza sanitaria provocata dal Covid-19 ha costretto quasi 200 paesi in tutto il mondo a chiudere le scuole. Questo ha comportato un’interruzione dell’attività in aula per oltre un miliardo e mezzo di ragazzi e ragazze: il 91,3 per cento della popolazione scolastica globale.
Nonostante la situazione di confusione, il mondo della scuola non si è fermato, provando ad adeguarsi all’emergenza sanitaria con la tecnologia a disposizione. Ora che l’anno scolastico si è chiuso in molti paesi del mondo, è possibile fare un bilancio di questa esperienza.
Innanzitutto, come molti hanno evidenziato, quella che abbiamo sperimentato è stata una didattica a distanza di emergenza, che tutti gli insegnanti, compresi quelli dei nostri progetti, hanno dovuto inventare dal nulla, giorno per giorno, senza nessuna preparazione specifica. La didattica a distanza di emergenza non è stata una scelta, ma una necessità, per poter continuare a fare scuola senza rischiare la vita e la salute di nessuno. Insegnanti, studenti e genitori hanno dovuto imparare tutto strada facendo, attraverso tentativi ed errori.
Il vantaggio fornito da questo esperimento è stato quello di non lasciare un vuoto nella vita degli studenti in un momento così difficile. Non possiamo però nasconderci che non essendo la tecnologia digitale ancora alla portata di tutti, l’apprendimento a distanza ha spesso escluso invece di includere: chi non aveva una connessione a casa, un computer, uno smartphone restava inevitabilmente tagliato fuori. Nelle nostre scuole in Nicaragua e Repubblica Dominicana abbiamo riscontrato che lo smartphone è uno strumento diffuso, ma la parte più povera della popolazione scolastica ha avuto bisogno di studiare su materiale cartaceo.
Anche le scarse competenze informatiche e tecnologiche dei docenti e degli studenti possono costituire un limite. Non solo: nella scuola primaria e elementare l’età dei bambini è tale per cui se a casa c’è uno strumento digitale è del genitore, che quindi deve essere presente durante il suo utilizzo.
Ulteriori aspetti negativi della nuova modalità d’insegnamento sono state il venir meno delle dinamiche di gruppo che si creano in aula, e della centralità del docente come figura di riferimento, fondamentale soprattutto per gli studenti che durante l’epidemia hanno subito lutti in famiglia e che avrebbero bisogno di maggiore supporto emotivo.
Soprattutto nella scuola primaria l’insegnamento e l’apprendimento sono pratici, ludici, cooperativi. È importante tener conto delle richieste di ogni bambino e bambina, coltivarne lo sviluppo psico-emotivo: questo approccio non è possibile con uno schermo di mezzo.
Insomma, i tentativi per non interrompere la didattica sono tanti, ma il punto è non ridurre tutto alla sola trasmissione di nozioni, visto che la scuola è soprattutto relazione, connessioni. Il riaprirsi di focolai epidemici potrebbe portare ad usare nuovamente la didattica a distanza, o ad affiancarla a quella in presenza. Per non farsi trovare impreparati, oltre a predisporre gli strumenti tecnici adeguati, gli insegnanti devono capire cosa vogliono insegnare agli studenti, e essere disposti a reinventarsi.
Questa esperienza lascerà un segno profondo, perché il concetto di distanziamento sociale è lontanissimo da una qualsiasi idea di scuola ed è ciò che più ha fatto soffrire i ragazzi. Agli insegnanti spetta il compito di aiutarli a restare connessi, al di là del meccanico svolgimento di un programma scolastico.